Fu un figlio illegittimo di Niccolò III d’Este marchese di Ferrara, Modena e Reggio e della sua amante Stella de’ Tolomei. La sua politica fu sempre incentrata sul tentativo di espandere lo stato estense e di nobilitare la famiglia d’Este. In questa ottica va vista la sua volontà di ottenere il titolo ducale per i suoi possedimenti. In politica estera fu molto vicino alla Repubblica di Venezia e avverso sia a Francesco Sforza che alla famiglia dei Medici per vecchie ruggini. Questi dissidi portarono alla vana battaglia della Riccardina o della Molinella che non ebbe né vincitori né vinti. La corte di Borso fu il centro della Scuola di pittura di Ferrara, cui appartengono Francesco del Cossa, Ercole de’ Roberti e Cosmè Tura. Borso era piuttosto avaro per quanto riguarda la cultura: celebre è l’episodio in cui Francesco del Cossa, uno degli autori degli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia chiese un compenso maggiore per le sue fatiche pittoriche e sentendoselo negare da Borso, se ne andò a Bologna per fondare la sua scuola pittorica. La fama di Borso è legata soprattutto alla sua famosa Bibbia, una delle più alte opere di miniatura del Rinascimento italiano. Il successore fu il fratellastro Ercole I d’Este.
Duca di Ferrara, fu uno dei principali mecenati e uomini di cultura del Rinascimento. Figlio di Nicolò III e Ricciarda di Saluzzo, fu educato alla corte aragonese a Napoli dove studiò strategie militari e la cavalleria. Combatté nella Battaglia della Riccardina o della Molinella dove rimase ferito ad un piede e ciò lo costrinse a zoppicare per il resto della vita, tanto che i veneziani, suoi acerrimi nemici, lo soprannominarono Il Ciotto (Lo Zoppo). La rivalità con la Serenissima, a causa delle mire espansionistiche di quest’ultima e della lotta per il monopolio del sale, portò Ercole a combattere la guerra di Ferrara contro i veneziani, alleati a papa Sisto IV. Tale guerra si concluse con una sconfitta suggellata poi con la pace di Bagnolo. Ercole ebbe uno straordinario successo in ambito umanistico e come mecenate, rendendo Ferrara la corte più raffinata d’Europa: i musicisti valloni e fiamminghi arrivarono in Italia e i più celebri compositori europei lavorarono per lui dedicandogli talora della musica: tra loro ricordiamo Alexander Agricola, Jacob Obrecht, Heinrich Isaac, Hadrian Willaert e Josquin Desprez (che compose la Missa Hercules Dux Ferrariae, non solo dedicata a lui, ma basata su un tema tratto dalle sillabe del nome del Duca). Nominò poi il poeta Matteo Maria Boiardo suo ministro e introdusse il giovane Ludovico Ariosto alla corte ferrarese; fece progettare altresì all?architetto Biagio Rossetti la celebre Addizione Erculea, grazie alla quale Ferrara è stata definita la prima città moderna d’Europa. Morì nel 1505 e gli successe suo figlio Alfonso I d’Este.
È stato duca di Ferrara, Modena e Reggio, figlio di Ercole I d’Este e di Eleonora d’Aragona, sposò Anna Maria Sforza e poi Lucrezia Borgia, figlia di Alessandro VI. Fu coinvolto e seppe abilmente destreggiarsi nelle lotte tra Venezia e lo Stato Pontificio, spesso inserite nella più vasta contesa tra Francia e Spagna per il predominio in Italia. Fu alleato di Giulio II nella Lega di Cambrai contro Venezia. Venne nominato gonfaloniere di Sacra Romana Chiesa e poi scomunicato e dichiarato teoricamente decaduto dai suoi possessi per non aver voluto aderire alla pace conclusa dal papa con Venezia, nonchè privato di Modena, Carpi e Mirandola che furono occupate dalle truppe pontificie. Nella successiva guerra della Lega Santa si alleò con la Francia e cooperò con la sua famosa artiglieria alla vittoria di Ravenna. Leone X tentò di assassinarlo e di certo la morte di questo pontefice salvò la casa d’Este da una sicura rovina. Alleatosi con l’impero all’epoca dei contrasti tra Carlo V e Clemente VII, ottenne dall?imperatore la conferma dei diritti sui territori da lui controllati, sebbene contestati dal Pontefice. Amante delle arti e delle lettere, fu il protettore di Ludovico Ariosto. Morì per una indigestione, cosa che curiosamente lo accomuna al fratello Ippolito.